Legami Speciali

Foto Racconto Marta

E’ iniziato tutto con quel famoso primo test di gravidanza positivo…la nostra gioia era immensa ed eravamo increduli. Poi ci siamo domandati e adesso a chi ci rivolgiamo? Io non sono mai stata una ragazza eccessivamente ospedalizzata, il ginecologo non lo vedevo da parecchio tempo e desideravo portare avanti la gravidanza nel modo più naturale possibile. Così la mia mamma acquisita mi ha dato il numero di un’ostetrica che aveva conosciuto parecchi anni prima durante un parto in casa. Non avevo preconcetti e nessuna idea precisa, semplicemente siamo andati ad incontrare Gaudenzia e quel primo incontro mi ha trasmesso fiducia e naturalezza, potevo stare tranquilla ,con lei sembrava tutto molto semplice. E così è iniziato il viaggio: tu piccola mia hai iniziato a farti strada dentro di me, ogni giorno sempre di più. Crescevi e io ti parlavo, papà ti dava i bacini e tu scalciavi. Ti muovevi tantissimo, non stavi mai ferma, io sapevo già che eri una femmina, me lo sentivo e da tempo noi sapevamo già il tuo nome, ti aspettavamo da molto tempo e tu sei arrivata subito come un vulcano. Ti ho sempre sentita forte e determinata, non ho mai avuto paura anzi, sentivo che insieme eravamo ancora più forti, tu mi hai trasformata.

I mesi passavano tra visite, controlli, corso pre-parto e, dentro di me, era chiaro che tu saresti nata in casa circondata da tutto l’amore possibile. 

Fino a quel giorno in cui si sono rotte le acque alle 6,30 del mattino, era tutto pronto per il tuo arrivo. Tutte le persone più importanti della mia vita erano lì pronte a sostenermi: il mio compagno, la mia mamma acquisita e due fantastiche ostetriche Gaudenzia e Roberta. Il tempo passava e ancora niente, nessuna contrazione così mi sono fatta una doccia, mi sono tranquillizzata parlando con Gaudenzia e dopo una bella passeggiata, qualche coccola e la spinta fondamentale della mia mamma ho iniziato ad avere le contrazioni : erano le 16,30.

Eravamo in cerchio, sentivo la forza, il calore e l’energia vibrante delle donne come in una foresta e come un ritorno alle origini ho iniziato a cantare, un canto nuovo, diverso, vibrante, emozionante. Il mio pensiero era esclusivamente su di te, ti parlavo e tu, passo a passo, mi rispondevi e ti facevi strada verso il mondo… Sentivo la voce presente e accogliente di Gaudenzia che mi indicava il cammino, sentivo la forza e l’attenzione di Roberta su di me e su di te. Mi sentivo accolta ed amata. Il mio compagno che con delicatezza e caparbietà mi sosteneva in ogni momento, il suo amore mi trasmetteva fiducia e serenità. La mia mamma era presente e la guerriera ,che fa parte del suo essere ,si è messa in osservazione di un dono grande, ricco d’amore. E poi c’eravamo io e te che stavamo affrontando questo splendido viaggio, avvolte da una calda luce e da dolci note melodiose… tutto intorno profumava d’amore e di rispetto, in un luogo protetto, nel luogo che nei mesi precedenti abbiamo preparato con molta cura. 

Vedevo la tua testolina venire fuori piano piano finchè alle 21,10 per la prima volta ti ho vista e ti ho appoggiata sul mio petto. Eri buffa, serena … 4,180 kg di una meravigliosa creatura! I tuoi occhi ci hanno penetrato il cuore e io mi sono sentita felice come mai prima di allora. In quel momento ero grata di aver vissuto quel momento con tanta gioia, nella mia casa, con delle ostetriche fantastiche, mi sono alzata e ho fatto una doccia. Siamo andati a letto con la nostra bambina tra le braccia e la nostra casa era pervasa da una luce nuova.

Nei giorni successivi Gaudenzia mi ha aiutata con l’allattamento e, tutte le volte che mi sentivo in difficoltà e non sapevo cosa fare, lei c’era e mi sosteneva sempre. Ne abbiamo parlato e ancora oggi che Azzurra ha 4 mesi la sento come il mio principale punto di riferimento, è lei la donna che mi ha guidata e, grazie a lei, ho potuto vivere per la prima volta questa esperienza nel miglior modo possibile, penso che questo sia tutto ciò che una madre potrebbe desiderare.

La nascita di Elisa

LA NASCITA DI ELISA  – 27 MAGGIO 1996

Il 26 maggio del 1996 è una soleggiata giornata di primavera, l’ideale per fare una bella passeggiata al parco. Adoro il mio corpo al nono mese di gravidanza, è florido e forte, accarezzo il bellissimo pancione, che arrotonda un morbido vestito a fiori rosa, mi sento invasa di amore per  la nostra bambina, che si fa sentire con qualche lieve calcetto. E’ una sensazione unica e appagante sentirla dentro di me, è “tutta mia”, e so che sarà ancora così per circa 15 giorni, fino alla data presunta del parto.Io e mio marito Antonio usciamo, sono attirata dallo scroscio della Dora, resto incantata a lungo a guardare il movimento delle acque. Scattiamo qualche foto.

Torniamo a casa, dove ci raggiunge un caro amico di famiglia per la cena, abbiamo appena finito, quando, improvvisamente, sento le gambe bagnate, sono stupita, i pensieri si affollano in testa, ci vuole un attimo per capire cos’è successo, dico con tono deciso: “Scusate, ma ora io devo partorire”. E’ chiaro: ho rotto le acque. Mi sento un po’ triste, la gravidanza è già finita. “E’ troppo presto – mi dico – non sono pronta, non ho neppure finito il fiocco per annunciare la sua nascita!”. In realtà non sono pronta ad abbandonare questa “condizione”, l’attesa della nostra bambina è uno stato di perfezione per la mia femminilità.

Inizio a sentire dei dolori al basso ventre, chiamo la nostra ostetrica Gaudenzia, che ci ha supportati fin dall’inizio della gravidanza, arriva verso le 21, mi visita, spiega che dovremo ancora attendere con pazienza, è solo l’inizio del travaglio. 

Da consigli rassicuranti: restare calma, rilassarsi, fare una doccia calda, bere una tisana, cercare posizioni comode.

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Io e Antonio guardiamo un film e andiamo a letto, le fitte cominciano ad essere più intense e regolari, entro in una strana atmosfera magica, tutto sembra evanescente, come in un sogno: arriva la contrazione, è forte, dolorosa, mi siedo sul letto, cerco di respirare profondamente, Antonio si sveglia all’improvviso, mi accarezza, prende appunti su orario e durata, ecco è finita…mi rilasso e il sonno si impossessa di nuovo di me, non so quanto tempo passa, poi tutto ricomincia, sempre uguale, per tante, tante volte.

Comincio a vedere le prime luci dell’alba, Antonio non si è più svegliato insieme a me, lo scrollo un po’, dicendo che sento dolori più forti e la sensazioni di dover spingere, lui in preda all’agitazione, chiama l’ostetrica. Io in realtà sono tranquilla, sono certa di sapere cosa devo fare, avverto anche mia mamma, la voglio vicina al mio primo parto, è lei che mi ha sempre sostenuta nella scelta del parto in casa.

Al suo arrivo Gaudenzia, con l’aiuto di mia mamma, prepara i teli di cotone bianchi per il parto, insieme coprono il divano con la plastica, sistemano la bacinella per il bagnetto, mi chiedono il cambio pulito del letto matrimoniale, ho preparato le lenzuola di pizzo bianco e rosa, quelle nuove, del corredo, inaugurate per un evento così importante.  Gaudenzia mi da una tisana e si muove rapida e precisa per preparare il necessario. Scelgo la posizione, accovacciata a terra, accolta dalle braccia forti di Antonio, mia mamma, a fianco, resta in piedi pronta ad offrire il suo aiuto, se richiesto, Gaudenzia davanti a me, professionale con la sua salopette arancione, una gioia per gli occhi quel colore. 

E’ tutto perfetto, mi sento al sicuro!

Ci sono circa 10 centimetri di dilatazione, è ora, può nascere! 

Mi viene da urlare, forse troppo, allora l’ostetrica e Antonio mi aiutano a modulare la voce per accompagnare le spinte, ci sono dei momenti in cui il dolore è veramente lancinante, ma è come se la mia testa li cancellasse immediatamente, sostituiti dal pensiero che fra poco abbraccerò la mia piccola creatura. 

Sento che mani esperte spalmano dell’olio, in modo delicato, ma deciso, accompagnano il mio corpo nei movimenti di espulsione.

“Vedo la testa” – dice. Sento una forte sensazione di bruciore, per un attimo penso che il dolore sia “troppo”, ma Elisa è piccolina, passa velocemente, eccola, tesoro della mamma, ho le lacrime agli occhi, è bellissima!

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Sono le 8.55 del 27 maggio, la mia dolce Elisa è nata, piccolina, pesa poco meno di 3 chili, lineamenti fini come quelli di una bambolina, ditina lunghe e capelli neri e spessi (che ben presto cadranno, per lasciare una testina pelata, con pochi ciuffi biondini), adagiata sulla mia pancia, cerca di attaccarsi al capezzolo. Non piange, Gaudenzia la avvolge prontamente in un telo, una tenerezza infinita!Mi informa: “Neanche un punto, tutto è andato per il meglio”, in realtà non ne avevo mai dubitato. Antonio taglia il cordone ombelicale, accompagnato dalle mani e dalle istruzioni dell’ostetrica.

Lei immerge Elisa nell’acqua, alla giusta temperatura, per il bagnetto, io e Antonio siamo vicini, subito strilla tanto e si agita, ma presto si rilassa, e si lascia sostenere dalle nostre mani, mentre Gaudenzia delicatamente lava i residui di sangue e vernice caseosa. Poi la avvolge in un telo e da il fagottino in braccio ad Antonio, che è visibilmente stanco ed emozionato, si stupisce di come Elisa lo guarda negli occhi e solo ora mi rendo conto di quanto intensa sia stata questa esperienza anche per lui.

In realtà non è ancora finita, mi avverte che devo ancora espellere la placenta. Mi sento stanca, non ho alcun stimolo, e mi lamento dicendo che lo farò dopo, ho paura di sentire di nuovo dolore. Gaudenzia accoglie questo sfogo con dolcezza, mi da un farmaco che favorisce la ripresa delle contrazioni e, in poco tempo, tutto procede verso l’atto finale.

Finalmente posso andare a letto con la mia piccola Elisa, mia mamma le ha messo i vestitini che avevo preparato e l’ha avvolta in una copertina di lana fatta a mano. L’ostetrica riordina il materiale e parla con Antonio, si fanno un caffè. Lui, in seguito, mi racconterà il loro dialogo: “Per quale motivo – le chiede Antonio- tu hai scelto di aiutare le altre donne a partorire?”, la risposta arriva sicura e precisa: “ Ogni volta che nasce un bambino è la vittoria della vita sulla morte!”

Elisa dorme serena e anch’io cerco di riposare un po’, poi – penso – “finirò il mio fiocco a punto croce da appendere alla porta di ingresso”.

Non dimenticherò mai questa giornata!

Qualche tempo dopo, nelle prime passeggiate con Elisa, incontro un’anziana vicina di casa, che commenta: “Passavo con una mia amica sotto la sua finestra, l’ho sentita gridare per il parto, è rimasta in casa con la levatrice, brava, proprio come le donne di una volta!”

Mi sono sentita orgogliosa di me stessa, capace di usare un “potere” delle donne, che deve restare nelle loro mani. 

Foto 1.Photo by John-Mark Smith on Unsplash

Foto 2. Photo by chi liu on Unsplash

 

Che perfetta Letizia

La nascita di Letizia  30 maggio 2015

Quando alcuni mesi fa iniziai ad informarmi su dove partorire non avrei mai pensato di intraprendere un viaggio così incredibile.  Ma andiamo con ordine… Dopo il nostro matrimonio, ci è sembrato naturale aprirci alla vita.  Una scelta di pancia ma dettata dal cuore, senza calcoli.  Perchè non avete aspettato un po’?  La domanda più frequente.  Entrambi con lavori da 10 ore al giorno,  una vita tra due città Milano e Torino,  due case , tante spese.  Ma aspettare cosa? Ed ecco  che neanche il bimbo/a si fa aspettare.  Ma la logistica ed i ritmi erano molto complessi.  Lavorare nell’organizzazione di una esposizione universale è molto impegnativo e i mesi di gravidanza procedevano tra corse in bagno per le nausee, corse per prendere il treno , la metro o andare dal medico: una brava e giovane ginecologa di uno studio privato, vicino a casa e comodo per la metro che subito dovevi rientrare in ufficio.  Quanti corsi Pre-parto ho cercato, ma tutti con orari impossibili!  ecco che ne trovo uno ma a Torino : lo organizza un’ associazione il cui nome mi fa sorridere : La Cicogna.   

Scrivo e mi risponde Gaudenzia l’ostetrica.  Che nome carino ! Ecco che qualcosa scatta ed iniziamo a scriverci: mi da appuntamento alle 8 di mattina  perché poi devo prendere il treno per Milano.  Capisco che quella persona mi ascolta e iniziamo a parlare della mia gravidanza.  Mentre parlo sento  che ci sono tante cose che si muovono: torna la mia sensibilità di figlia adottiva,  il recupero di un rapporto nei nove mesi che io non ho avuto con l’unica mamma che conosco, il dover fare spazio in una vita affollata , l’ascolto della creatura che già comunicava. Intuisco che le mie nausee mi parlano di un corpo che vuole rallentare e inizio a leggere libri sul parto attivo, le teorie per nascere in modo dolce e naturale, studio il canto carnatico per la respirazione ed inizio a fare spazio nella nostra vita per la piccola. Al rientro da Milano, dopo uno stop forzato per eccessiva stanchezza che non aveva fatto bene nè a me  nè al bambino, con Francesco, mio marito decidiamo che se Dio vuole vorremo fare il percorso per il parto in casa.  
Avevo bisogno di recuperare una parte di me che aveva perduto la sua prima mamma, quella biologica e che l’aveva per proteggersi cancellata. La gravidanza mi stava insegnando a far pace con quello che era successo. Ma c’era un altro ostacolo. A 18 anni avevo passato 3 settimane in ospedale per uno shock anafiliattico.  Nella mia testa ospedale vuol dire malattia, dolore, medici che non ti ascoltano. Al corso con Gaudenzia si parla del parto: con completezza si illustra sia il parto in ospedale che in casa. Ecco lì ho la certezza che io voglio che mia figlia nasca in casa. Tralasciando gli ostacoli burocratici e i pregiudizi di vari medici che incontro per la strada, voglio invece ricordare l’approccio comprensivo,  paziente,  pieno di attenzioni che l’ostetrica e la ginecologa mi hanno riservato.  Man mano che gli ultimi due mesi passano ecco che tisane, unguenti,  omeopatia mi vengono incontro. Io ho sempre più voglia di stare da sola,  in casa,  con mio marito e pochi altri. Mi rintano e finalmente scalo la marcia!
Le uscite si diradano e un pomeriggio parlo con la piccola e le dico : ” Amore, quando vuoi”. Dopo neanche una settimana e a dispetto di una visita in cui sembrava che la nascita fosse ancora lontana, inizio a sentire i  movimenti della piccola sempre più forti. Questo mi rincuora perché la sento parte attiva e in grado di fare squadra per quel momento che mi spaventava.  
Il 30 maggio (data presunta del parto 31) andiamo ad una festa di amici. Ho la pancia dura ma sono alcuni giorni che ho questa sensazione ma nessun dolore.  Stiamo bene, tutti mi fanno battute,  mangiamo la torta e ridiamo in allegria. Tornata a casa, ho giusto il tempo di dire a mio marito dove ho messo tutte le cose per il parto, che iniziano le contrazioni ogni 8 minuti.  Ci sistemiamo:  luce soffusa e musica di Enya e inizio a capire che stavolta ci siamo. Sono le 3.40 e chiamo l’ostetrica.  Mi tranquillizza e mi dice che c’è tempo e che lei arriva. Che sollievo. Il tempo vola: mio marito mi aiuta, mi sostiene, conta con me, mi abbraccia, aspettiamo prima Gaudenzia e poi Grazia.  Mi sento tornare bambina, con il bisogno di essere accompagnata, e le figure che sono intorno a me diventano distanti e mi concentro solo sul respiro e sul lasciare che la natura faccia il suo corso. Senza accogermene sto sempre in piedi, mio marito mi massaggia la schiena, poi decidiamo di andare in doccia per rilassarmi.  
È stata una esperienza bellissima, forte, che mi ha fatto conoscere parti di me che non pensavo di avere. In due spinte Letizia é venuta al mondo e io sono nata con lei come mamma. È nata in camera da letto alle 8.10  del 31 maggio, puntuale e dimostrando la sua forza, spingendo con i suoi piedini per aiutarmi. 
Non so trovare le parole per ringraziare in primis il papà e poi la “cicogna ” che si è fermata a casa nostra.


Che perfetta Letizia!

Letizia